martedì, novembre 25, 2008

La fiaba, come i vangeli, è un ago d’oro, sospeso a un nord oscillante, imponderabile, sempre diversamente inclinato come l’albero maestro di una nave su un mare mosso. Come scegliere di volta in volta fra abbandono ed astuzia, ingenuità e sapienza, memoria e oblio salutare? Uno vince perché in un paese di creduloni e intriganti fu diffidente e segreto, l'altro perché si affidò infantilmente al primo venuto, o addirittura a un cerchio di malfattori. Enigma ogni giorno nuovo, proposto e mai risolto, se non nell’ora decisiva, nel gesto puro — non dettato da nulla ma alimentato, giorno per giorno, di pazienza e silenzio.

> Cristina Campo, Gli imperdonabili, 1987, corsivi miei

lunedì, novembre 24, 2008

Oltranza 3

Nessun libro finisce; i libri non sono lunghi, sono larghi. La pagina, come rivela anche la sua forma, non è che una porta alla sottostante presenza del libro, o piuttosto ad altra porta, che porta ad altra. Finire un libro significa aprire l'ultima porta, affinché non si chiuda più né questa né quelle che abbiamo finora aperte per varcarne la soglia, e tutte quelle che infinitamente si sono aperte, continuano ad aprirsi, in un infinito brusio di cardini.

> Giorgio Manganelli, Pinocchio: un libro parallelo, 2002


Il libro come esperienza
— Il libro, come il giornale, vede quotidianamente eroso un predominio che alla fine dell'Ottocento aveva probabilmente raggiunto l'estensione maggiore. Oggi non si deve difendere un'esclusiva impossibile, ma una idea di cultura nella quale una civiltà si riconosce.
[…] Io non credo che il libro cesserà di essere una fonte di felicità, come la dieta degli astronauti […] non eclisserà la grande cucina delle tradizioni regionali.
Noi dobbiamo piuttosto difendere l'immagine della cultura che il libro esprime rispetto ad altre fonti di sapere. E la lettura come esperienza che non coltiva l'ideale della rapidità, ma della ricchezza, della profondità, della durata. Una lettura amante degli indugi e dei ritorni su di sé, aperta, più che alle scorciatoie, ai cambi di passo che assecondano i ritmi della mente e vi imprimono le emozioni e le acquisizioni. È in questa esperienza del libro che il libro diventa un'esperienza essenziale.

> Giuseppe Pontiggia, Prima persona

domenica, novembre 23, 2008

Esecuzione

Considero valore ogni forma di vita,
la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto,
un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si è risparmiato
e due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente
e quello che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua,
riparare un paio di scarpe,
tacere in tempo,
accorrere a un grido,
chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordare di che.
Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord,
qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo,
la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l’uso del verbo amare
e l’ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.

> Erri de Luca, Opera sull’acqua e altre poesie, Einaudi 2002

Misura

Quarantaquattro chilometri al giorno, seduti uno accanto all’altro, era una distanza sufficiente per conoscerci bene, e per ammirarci di sottecchi, scambiarci confidenze, attaccar briga, a volte perfino litigare a gran voce. Tuttavia una specie di istinto ci frenava quando eravamo sul punto di umiliarci a vicenda, o di esprimere troppo i nostri sentimenti. Con un minimo di pudore, e in più un po’ di odio preservato, la nostra amicizia andò consolidandosi; a differenza dell'amore, che tende sempre a straripare, l’amicizia ha bisogno delle sue dighe.

> Chiquo Barque, Budapest, 2005

Oltranza 2

Non ti aspetto più
neanche se quando ritorni
ritornasse un'altra estate.
Non ti aspetto più
è passato molto tempo
le mie stagioni sono già finite.

Non ti aspetto più
e vado via da qui
oltre questo ponte
un altro ponte
e ancora un fiume
e un altro fiume ci sarà.

Non ti aspetto più
e vado via perché
oltre l'orizzonte
un altro mare
e ancora un mare
e un altro amore
ci sarà.

> Gianmaria Testa, Non ti aspetto più, da Lampo, 1999


Un mandarino era innamorato di una cortigiana. Sarò vostra — disse lei — solo quando voi avrete passato cento notti ad aspettarmi seduto su uno sgabello, nel mio giardino, sotto la mia finestra. Ma, alla novantanovesima notte, il mandarino si alzò, prese il suo sgabello sotto il braccio e se ne andò.

> R. Barthes, Frammenti di un discorso amoroso, sv attesa, 1979

Per troppo fede

Per troppo fede
talor se perigola.

Oimè, ch'Amor m'ha posto
in cotal arzere
onde convienme ognor
lagreme sparzere
so che de doglia
lo mio cor formigola.

> Per troppo fede, ballata anonima dal Codice Rossi (XIV secolo)


Lu disiu d'amuri
m'acchiana di lu pettu
comu fumu di braceri
astutati cu l'acqua
e m'affuca.

Chi vonnu
sti pizzi aperti
dintra lu nidu di lu me pettu,
ca puncinu la gaggia pi nèsciri
e si nsanguinanu li testi?

[…]

Dicitimi ca li petri
sunnu amuri
e mi li manciu.
Dicitimi ca li furni
còcino amuri
e mi fazzu nfurnari.

Il desiderio d'amore / mi sale al petto / come fumo di bracieri / spenti con l'acqua / e mi soffoca. // Cosa vogliono / questi becchi aperti / dentro il nido del mio petto, / che pungono la gabbia per uscire / e si insanguinano le teste? […] Ditemi che le pietre / sono amore / ed io le mangio. // Ditemi che i forni / cuociono amore / e mi faccio infornare.

> Ignazio Buttitta, Arsura d'amuri, 1963