mercoledì, ottobre 04, 2006

Domino

Protagonista di Annunciazione [film di András Jeles presentato nel 1984 alla mostra di Venezia] è Adamo – il quale dopo essere stato creato, uscito dalle mani di Dio, entrato nel mondo, una sera, dopo aver vissuto con la sua donna, è colpito da un sonno profondissimo, e in questo sonno il tentatore gli fa vedere, quasi come in una specie di filmato sul futuro, tutto ciò che egli sarà. Questo Adamo, generando, sarà Milziade, sarà Tancredi, sarà Danton, sarà anche tutti i dittatori della storia. È in lui, nel suo seme, che è già nascosta tutta questa bava di sangue che viene disseminata su tutta la superficie della storia. Adamo – ed è questa la tentazione – vedendo il suo prodotto che egli offrirà nella storia, si sente responsabile di tutto questo.
Quando egli si risveglia, Lucifero ha raggiunto veramente il suo scopo. Adamo decide di suicidarsi; uccidendosi finalmente libererà questa terra dalla miseria dell'uomo. Ma prima di compiere questo gesto, egli guarda per l'ultima volta la sua donna, e guardando Eva, egli si accorge che è già incinta.
> Gianfranco Ravasi, Uomo, dove sei?, Lezioni sul Genesi, 2006

Un atto, per quanto innocente, non si esaurisce nella solitudine. Produce, come effetto, un altro atto e mette in moto un'intera catena di eventi. Dove finisce la responsabilità dell'uomo nei confronti del proprio atto che si prolunga così in maniera infinita, in una trasformazione incalcolabile e mostruosa? [...] Edipo è colpevole? La parola, tratta dal lessico dei giuristi, non ha qui alcun senso. Alla fine di Edipo re, egli si acceca con i fermagli della tunica di Giocasta che si è impiccata. È un atto di giustizia che egli vuole applicare a se stesso? La volontà di punirsi? O non è piuttosto un grido di disperazione? Il desiderio di non vedere più le atrocità di cui è la causa e l'oggetto? Un desiderio, allora, non di giustizia ma di annientamento?
> Milan Kundera, Il sipario, 2004

Essersi sbagliati, illusi, aver valutato male persone e situazioni, essersi lasciati ingannare dalle apparenze o trascinare dagli entusiasmi, non aver previsto gli effetti pur concepibili di certe cause, tutto questo era fino a ieri materia indiscussa di contrizione e di vergogna.
[...] In casi estremi, il tormento era tale da portare al suicidio; ma senza arrivare a tanto, l'errore veniva vissuto come mortificazione cocente, da tenere il più possibile segreta. Di questo atteggiamento verso l'errore non si trova quasi più traccia nella vita di oggi [...].
> Fruttero e Lucentini,
Il cretino in sintesi, 2002

Nessun commento:

Posta un commento