domenica, agosto 28, 2005

Esperienza

Beniño: Quando l’ho rivista è stato qui.
Marco: Che le è successo?
Beniño: Un incidente di macchina, uno di quei giorni di pioggia.
Il padre non voleva che restasse sola neanche un momento, né di giorno né di notte. Ha richiesto i migliori infermieri – bè, io qui ho un’ottima reputazione… – e mi hanno raccomandato. [...] Da allora sono già quattro anni. Ed eccoci qui. Vero Alicia?
Nei giorni liberi ho cominciato ad andare ai balletti. Vado pure alla cineteca. Vedo tutto il cinema muto che posso: quello tedesco, quello americano, quello italiano… Tutto. Poi le racconto tutto quello che ho visto.
Questi ultimi quattro anni sono stati i più belli della mia vita. A occuparmi di Alicia. A fare le cose che a lei piaceva fare. Tranne viaggiare, certo.
Marco: A me capita il contrario con Lidia.
Beniño: E com’è?
Marco: Non sono capace di toccarla. Non riconosco il suo corpo.
Sono incapace perfino di aiutare le infermiere quando nel letto le cambiano posizione. E mi sento molto meschino.
Beniño: Parli con lei. Glielo racconti.
Marco: Sì, mi piacerebbe, ma lei non può sentirmi.
Beniño: Com’è così sicuro che non ci sentono?
Marco: Perché il suo cervello è spento, Beniño!
Beniño: Il cervello di una donna è un mistero. E in questo stato lo è di più. Le donne bisogna tenerle in considerazione, parlare con loro. Avere un pensierino di tanto in tanto, accarezzarle spesso. Ricordare che esistono e che sono vive. E che per noi contano. Questa è l’unica terapia. Glielo dico per esperienza.
Marco: E che esperienza hai tu con le donne?
Beniño? Che esperienza hai tu con le donne?
Beniño: Cosa?
Marco: Che esperienza hai tu con le donne?
Beniño: Io? Tutta! Ho vissuto vent’anni giorno e notte con una e da quattro anni sto con lei…

Parla con lei, sceneggiatura originale di Pedro Almodovar, 2002

[...] l'anima, che per l'uomo comune
è il vertice della spiritualità,
per l'uomo spirituale è quasi carne.

Marina Cvetaeva [1892-1941]

Se tu non mi violenti

Mi ha sedotto, Signore, e mi sono lasciato sedurre.
Mi hai fatto forza e hai prevalso.

> Geremia 20,7











Ma fui promesso al tuo nemico.
Divorziami, sciogli, di nuovo spezza quel nodo,
rapiscimi, imprigionami,
ché se tu non mi fai schiavo mai io sarò libero,
né casto sarò mai se tu non mi violenti.

> John Donne, Poesie amorose e teologiche, Sonetto sacro XIV
[ante 1631]

domenica, agosto 14, 2005

Essenzialmente orecchio


Non sembra per niente esagerato affermare che l’uomo è essenzialmente orecchio.

> Alfred Tomatis,
L'orecchio e la voce , 1987











Antonio si svegliò bruscamente, disturbato da un rumore come di zoccoli. Accese la lampadina e vide che era la Morte, la quale passeggiava in su e in giù per la stanza, e che, vedendosi osservata, si fermò e indicò col dito il cassetto del tavolino da notte. Poi riprese a camminare in su e in giù sempre con quel passo rumoroso dovuto ai suoi piedi scarni. Antonio si preoccupò che nella stanza attigua la potessero udire. Nuovamente la morte si fermò a indicare col dito il cassetto del tavolino e di nuovo riprese a passeggiare. Ma faceva troppo rumore.
— Se vuoi che prenda la rivoltella dal cassetto, — le disse Antonio indicando le ciabatte sul tappeto, — mi devi fare il piacere di calzare le mie pantofole.
— Sta bene, — rispose la Morte, e subito le calzò.
Ora passeggiava senza alcun rumore. Antonio spense la luce. Pareva proprio che nella stanza non ci fosse più nessuno. Si guardò bene dal prendere dal cassetto la rivoltella e dopo un poco dormiva di nuovo profondamente.

> Enrico Morovich, La Morte in pantofole, 1988

Oltranza

Ci mancherebbe altro che si dovesse rifare la propria vita (semmai, precisamente, uno attenderebbe a produrre altro e nuovo).

> Gianfranco Contini, Breviario di ecdotica [1986]

Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Zoar, quand'ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco proveniente dal Signore. Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo. Ora la moglie di Lot si guardò indietro e divenne una statua di sale.

> Genesi 19,23-26

Orfeo: «È andata così. Salivamo il sentiero tra il bosco delle ombre. Erano già lontani Cocito, lo Stige, la barca, i lamenti. Si intravvedeva sulle foglie il barlume del cielo. Mi sentivo alle spalle il fruscìo del suo passo. Ma io ero ancora laggiù e avevo addosso quel freddo. Pensavo che un giorno avrei dovuto tornarci, che ciò ch'è stato sarà ancora. Pensavo alla vita con lei, com'era prima; che un'altra volta sarebbe finita. Ciò ch'è stato sarà. Pensavo a quel gelo, a quel vuoto che avrei attraversato, e che lei si portava nelle ossa, nel midollo, nel sangue. Valeva la pena di rivivere ancora? Ci pensai e intravvidi il barlume del giorno. Allora dissi: "Sia finita" e mi voltai. Euridice scomparve come si spegne una candela. Sentii soltanto un cigolìo, come d'un topo che si salva.»

> Cesare Pavese, Dialoghi con Leucò. L'inconsolabile [1947]

venerdì, agosto 12, 2005

Oltranza


Chi parla è stato uno dei molti che si sono inoltrati in una via del conoscere arginata dal precedente conoscere altrui, e, guidati e assicurati da quegli argini, hanno finalmente trovato un varco proprio. Contini, a venti anni, era già sul varco: aveva scontato in un balzo la via percorsa dagli altri, e guardava altrove. La qualità del suo ingegno si può chiamare, in senso etimologico, oltranza. Chiuque lo accostò, giovane o vecchio che fosse, si sentì sospinto oltre se stesso; non però trascinato, perché il rapporto non era fascinatorio. L'onestà del vero maestro vigilava sul rapporto: «Gli studenti si aspettano – mi disse una volta – che io faccia, sulla cattedra, spettacolo e incantesimo, e io li deludo, perché insegno soprattutto grammatica».

> Giovanni Nencioni, Ricordo di Gianfranco Contini [1990]

Deterrente
[Al di sotto dell'alfabetismo]


La leggenda, di ovvia origine romantico-populista ma in seguito imparentata sia con Mao-Tze-Tung sia con Mike Bongiorno, vuole che l'Italia pulluli di talenti letterari ignoti, snobbati da un'ottusa e sprezzante oligarchia di critici, funzionari, consulenti, lettori professionali ecc., pervenuti chissà come ai vertici di quell'abominevole impero noto sotto il nome di "industria culturale" e intenti unicamente a spingere avanti le fortune di amici, parenti, complici, adulatori e indegnissimi raccomandati; talché basterebbe scavare qua e là con la paletta di plastica per veder zampillare dalle umili sabbie periferiche racconti, poesie, romanzi di kuwaitiana qualità.
Chiunque abbia lavorato nell'ambiente editoriale sa quanto sia lontana dal vero una simile visione. Fedele alla regola del "non si sa mai", ogni casa editrice, grande, piccola, media, esamina o perlomeno sfoglia scrupolosamente ogni manoscritto inedito che riceve, sebbene questa, fra tutte le attività connesse con la letteratura, sia forse la più deprimente, quella che più stimola la nostalgia dell'analfabetismo, il rimpianto del grugnito preistorico. I testi che arrivano (a centinaia, a migliaia) sono in massima parte addirittura al di sotto dell'alfabetismo, zeppi di errori di sintassi, grammatica, ortografia. C'è poi una massa di canzonette in prosa, ossia di trasparenti sfoghi autobiografici in genere ispirati da un amore infelice. E infine, ecco la nutrita pila delle inanità letterarie, ingenuamente, grossolanamente orecchiate ora da Gadda ora da Kerouac, ora da Roth ora da Borges, secondo la moda del giorno prima.
Tutti costoro pretendono una risposta scritta, che entri nel merito con giudizi articolati, osservazioni, critiche, suggerimenti. Non si rendono conto che tanto varrebbe chiedere ai selezionatori per i giochi olimpici una meditata valutazione sul mero fatto che si sa camminare e talvolta raggiungere l'autobus con una bella corsetta.

Fruttero & Lucentini, I ferri del mestiere [1986]

giovedì, agosto 11, 2005

Un tutto riconoscente [Manifesto]


Ho avuto occasione di accorgermi, in precedenza, che tu soffri un po' per il fatto di dovere anche tu nella vita molte cose ad altri. Ma è proprio uno stravolgimento. Il desiderio di voler essere ciò che si è solo sulla base delle proprie forze è un orgoglio che si fonda sull'errore. Anche ciò che dobbiamo agli altri ci appartiene ed è una parte della nostra vita, e voler calcolare quanto uno s'è guadagnato da solo e quanto invece debba agli altri, non solo non è cristiano, ma è un'impresa disperata. L'uomo costituisce, con ciò che è e con ciò che riceve, un tutto.

> Dietrich Bonhöffer, Resistenza e resa, 1943